Arturo Benedetti Michelangeli | it

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Arturo Benedetti Michelangeli (Brescia, 5 gennaio 1920 – Lugano, 12 giugno 1995) è stato un pianista italiano.

È ritenuto uno dei più raffinati interpreti e virtuosi del pianoforte del XX secolo, al pari di celebrati pianisti come Horowitz e Richter, ed è da molti considerato il più importante pianista italiano insieme a Ferruccio Busoni.

Nasce da genitori umbri trasferitisi da poco a Brescia. Il padre Giuseppe, laureato in Legge e in Filosofia, esercita la professione di avvocato e nel tempo libero impartisce lezioni di storia della musica, di teoria e di armonia, avendo conseguito anche il diploma in composizione e pianoforte. La madre, Angela Paparoni, è appassionata di musica; diplomatasi all’istituto magistrale, intraprende senza concluderli gli studi universitari di lettere e di matematica. Tra le mura di casa, in un ambiente caratterizzato da un vivo interesse per la musica, il piccolo Arturo inizia a studiare il pianoforte all’età di 3 anni.

A 4 anni Arturo Benedetti Michelangeli entra al Civico Istituto Musicale Venturi, dove studia con Paolo Chimeri. Successivamente, all'età di 11 anni, prosegue gli studi presso il conservatorio di Milano, ove si diploma tre anni più tardi sotto la guida di Giovanni Anfossi. Nel 1938, all'età di 18 anni, dà inizio alla sua carriera internazionale partecipando al Ysaÿe International Festival di Bruxelles, dove si classifica al settimo posto. (Un breve resoconto di quel concorso, vinto da Emil Gilels, lo si deve a Arthur Rubinstein, che era in giuria. Secondo Rubinstein, Michelangeli "fece un'esecuzione insoddisfacente, tuttavia diede ampia dimostrazione della sua impeccabile tecnica"). L'anno successivo vince il Concorso di Ginevra, e Alfred Cortot membro della commissione, presieduta da Ignacy Jan Paderewski, esclama in quell'occasione: "È nato un nuovo Liszt!".

Il 20 settembre del 1943 si sposa con Giulia Linda Guidetti. La sua carriera concertistica sfolgorante non è arrestata neanche dalla Seconda Guerra Mondiale, suona infatti in quasi tutti i continenti. Nel 1968, a causa del fallimento di una casa discografica (la BDM), viene disposto il sequestro conservativo dei beni dei soci, tra i quali figura Michelangeli; in seguito a questo fatto il maestro si ritira sino alla morte in un volontario auto-esilio in Svizzera: tornò a dar concerti in Italia solo in coccasione di due recital in Vaticano, presso la Sala Nervi (1977 e 1987) ed uno di beneficenza a Brescia (1980). In precedenza era stato protagonista di memorabili concerti tenuti alla Scala di Milano, al Maggio Musicale Fiorentino, alla Fenice di Venezia, al San Carlo di Napoli e all'Accademia di Santa Cecilia a Roma.

L'immensa perfezione della sua arte è riconosciuta da ogni critico e appassionato di musica. Le note sbagliate sono rarissime, la ricerca del suono è portata a livelli estremi, la compostezza e l'armonia delle sue esecuzioni sono proverbiali. Alle registrazioni di Benedetti Michelangeli viene pressoché unanimemente riconosciuto un livello eccezionale, tanto da essere considerate un punto di riferimento, si tratti delle opere di Debussy, Scarlatti, Chopin, Ravel, Schumann o Beethoven, o delle variazioni su un tema di Paganini di Brahms. Gli furono a volte contestate una certa ritrosia nel concedersi al pubblico (i suoi recital si sono fatti sempre più rari col passare degli anni) e la limitatezza del repertorio; questo perché ridotto fu il repertorio che eseguì e registrò per il pubblico, ma sappiamo attraverso diversi suoi allievi che egli dominava gran parte del repertorio pianistico.

Le sue scelte esecutive furono in effetti dettate dall'esigenza di approfondire la partitura, in modo da restituirla rispettandone gli elementi strutturali in modo scrupoloso, e di trovare un equilibrio espressivo unitario. Durante lo studio, Michelangeli non eseguiva mai esercizi tecnici ripetitivi, al contrario rieseguiva una frase diverse volte in modo da trovare equilibrio nelle dinamiche, nella qualità del suono, nella pedalizzazione (magistrale in Debussy); questo lo portava ad un'intensa attività di ricerca che sarebbe riduttivo definire "eccesso di perfezionismo". Oltre alla discografia ufficiale, sono reperibili numerose registrazioni dal vivo, anche non autorizzate (e spesso di scadente valore dal punto di vista della qualità della registrazione), a testimonianza di come ogni esecuzione del pianista fosse considerata un evento straordinario.

Grandi furono anche le sue doti di didatta: nel 1940 gli venne conferita una cattedra per "chiara fama" presso il Liceo Musicale di Bologna; in seguito insegnò anche ai conservatori di Venezia e Bolzano. Celebri furono i suoi corsi di perfezionamento pianistico tenuti nel castello di Paschbach ad Appiano sulla strada del vino (Bolzano), ad Arezzo, a Moncalieri ed a Castagnola (Lugano). Tra i suoi migliori allievi ricordiamo in particolare Ivan Moravec, Alberto Neuman, Lodovico Lessona e, per brevi periodi, Jörg Demus, Adam Harasiewicz, Martha Argerich e Maurizio Pollini. A lui si deve anche la riscoperta di alcune opere del compositore catalano Federico Mompou, dei cui lavori scongiurò la perdita. Ha inciso dischi con le migliori orchestre sinfoniche europee e mondiali; splendide rimarranno le sue interpretazioni concertistiche del Concerto per pianoforte e orchestra in La minore, Op. 54 di Robert Schumann, con Antonio Pedrotti alla direzione dell'orchestra del Teatro alla Scala di Milano e del Concerto per pianoforte e orchestra in La minore, Op. 16 di Edvard Grieg, diretto da Alceo Galliera con la stessa Orchestra scaligera. Sublimi le interpretazioni del concerto in Sol di Ravel con Sergiu Celibidache e del Quinto concerto di Beethoven al fianco di Carlo Maria Giulini.

Fra le sue migliori incisioni discografiche vanno incluse la registrazione dal vivo (autorizzata) a Londra del Gaspard de la Nuit di Ravel, della Sonata no. 2 in Si bemolle minore di Chopin, e del Carnaval e della Faschingschwank aus Wien di Robert Schumann. Il "Gaspard", così come l'esecuzione del Concerto in Sol maggiore di Ravel, hanno stabilito uno standard esecutivo per quelle opere, e la sua interpretazione del Concerto per pianoforte n. 4 di Sergei Rachmaninoff con la londinese Philharmonia Orchestra diretta da Ettore Gracis è comparabile a quella dell'autore stesso. Famosa la sua serie delle opere di Debussy per la Deutsche Grammophon, considerata una pietra miliare dagli appassionati del compositore francese.

Benedetti Michelangeli fu un grande appassionato di etnomusicologia ed estimatore del canto popolare proveniente dalla tradizione orale, in particolare, vista la sua passione per la montagna, dell'area alpina soprattutto trentina. Le diciannove armonizzazioni di canti popolari che dedicò al coro della S.A.T. di Trento rappresentano la sua unica attività come compositore: una piccola produzione, nella quale è però racchiusa tutta l'incommensurabile eleganza stilistica che lo ha sempre contraddistinto.

Michelangeli fu un pianista e un uomo dalla personalità molto interessante. Fu un grandissimo conoscitore della meccanica del pianoforte, e pretendeva che gli strumenti da concerto da lui utilizzati fossero in condizioni perfette. Arrivò a portare con sé in tournée due dei suoi pianoforti, e spesso si rifiutava ugualmente di suonare, poiché non erano stati a suo giudizio accordati correttamente, oppure perché nella sala c'era troppa umidità. In alcune occasioni i concerti furono annullati con il pubblico già in sala.

Le stranezze e originalità del suo carattere non devono indurre a pensare che egli non fosse un artista umile: sul palco, manteneva sempre un'assoluta compostezza durante l'esecuzione e non rispondeva quasi mai agli applausi, perché riteneva che questi non dovessero esser diretti a lui ma ai compositori dei brani eseguiti. Fuggiva dalla popolarità, concedendosi rarissimamente ai giornalisti e alla stampa.

E' sepolto a Pura, in Svizzera. Sulla sua tomba, priva di lapide secondo le sue volontà, sono sempre presenti fiori freschi.

Benedetti Michelangeli era anche un appassionato di auto sportive (possedette diverse Ferrari).

È citato nella canzone "Mesopotamia" di Franco Battiato ("O la misantropia celeste/in Benedetti Michelangeli") .

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