Charlie Parker | it

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Charles “Bird” Parker, Jr. (Kansas City, 29 agosto 1920 – New York, 12 marzo 1955) è stato un sassofonista e compositore statunitense di musica jazz, ricordato per essere stato uno dei padri fondatori del movimento musicale chiamato bebop, oltre che per la sua padronanza della tecnica sassofonistica.

La figura di Charlie Parker si identifica con la nascita, lo sviluppo e il declino del bebop (del quale fu - secondo alcuni - il padre vero e proprio). Virtuoso del proprio strumento, che suonava con una tecnica che pochi sono riusciti ad eguagliare, fu anche un personaggio dalla vita tormentata, segnata dalla dipendenza dalla droga e dall’alcol.

Finí per personificare, come pochi altri musicisti (Dizzy Gillespie, Thelonious Monk o Bud Powell), il meglio e, troppo spesso, il peggio di uno stile di vita che echeggiò al di fuori del campo strettamente musicale, ispirando i poeti della beat generation, nelle cui liriche il jazz e Parker stesso sono spesso citati.

Charlie Parker nacque a Kansas City nel 1920. Si hanno scarse notizie sulla sua giovinezza; suo padre era un artista di vaudeville che comunque lo abbandonò alle cure della madre poco dopo il parto. Il giovane Parker suonò il sousafono per qualche mese nella banda scolastica (con scarsissimo entusiasmo e grande divertimento della madre): a tredici anni inzia a suonare il sassofono baritono e un anno dopo aggiunge il contralto. Debutta nella sua città natale nel 1937 con le orchestre di Lawrence Keyes, Harlan Leonard e Jay McShann ed è con quest’ultima che arriva sulla scena di New York nel 1941. A quell’epoca aveva già incominciato a sviluppare un suo personalissimo stile che partendo da radici swing e blues apporta alla musica afro-americana un originale sviluppo improvvisativo caratterizzato da ardite sostituzioni armoniche e da una maggiore attenzione per il ritmo. Questo stile influenzerà molti musicisti dell’epoca diventando un vero e proprio linguaggio che verrà in seguito chiamato Be Bop.

Nel 1947 Parker si stabilisce definitivamente a New York e inizia a collaborare con i maggiori musicisti presenti sulla scena, in particolare con il suo alter-ego trombettistico Dizzy Gillespie. Il gruppo di Parker e Gillespie si esibisce principalmente nei locali sulla Cinquantaduesima strada inclusi il Three Deuces e il The Onyx.

Nei gruppi di Parker si alterneranno negli anni: Miles Davis, Howard McGhee, Red Rodney, Fats Navarro, Kenny Dorham (tromba), J. J. Johnson, Trummy Young (trombone), Lucky Thompson, Dexter Gordon, Wardell Gray (sassofono tenore), Milt Jackson (vibrafono), Bud Powell, John Lewis, Al Haigh, Clyde Hart, Hank Jones, Red Garland (piano), Barney Kessel, Billy Bauer, Remo Palmieri (chitarra), Oscar Pettiford, Red Callender, Ray Brown, Charles Mingus, Curley Russell, Tommy Potter (contrabbasso), Max Roach, Specs Powell, Roy Haynes, Joe Harris e J. C. Heard (batteria).

La fama di Charlie Parker esplode nel 1945 proprio nei gruppi in cui milita assieme a Dizzy Gillespie: le incisioni di «Billie's Bounce», «Ko Ko», «Now's the Time» e «Ornithology» (per citare solo qualcuna tra le piú famose) rappresentano una vera e propria rivoluzione nel mondo musicale afro-americano, segnando per sempre la storia del jazz.

In particolare «Ko Ko» viene generalmente considerata essere la prima registrazione di un brano in stile bebop mai effettuata, oltre che il manifesto musicale del nascente genere.

Charlie Parker raccontò di avere accidentalmente “creato” il bebop mentre improvvisava suonando «Cherokee», un brano di Ray Noble. Lo suonò cosí tante volte che alla fine ne aveva la nausea, ma si accorse che impiegando come linea melodica gli intervalli piú alti degli accordi e mettendovi sotto armonie nuove, simili, stava suonando qualcosa di “nuovo”, una sorta di ritmo musicale insolito che aveva dentro di sé. «Ko Ko» possiede un’introduzione parzialmente improvvisata e la struttura di base degli accordi basata su quella di «Cherokee».

Nella seduta del 1949 che riunisce le stelle dell’etichetta Metronome, Parker si confronta con le ottime partiture di Lennie Tristano («Victory Ball») e Pete Rugolo («Overtime»), oltre che coi migliori solisti del periodo. Fondamentali le raccolte di incisioni per la Savoy Records, la Dial Records e la Verve Records nelle quali si possono confrontare i differenti assoli di Bird sullo stesso pezzo (alternate takes) e le bellissime esecuzioni estemporanee (jam sessions) con Johnny Hodges, Benny Carter, Ben Webster, Coleman Hawkins, Lester Young, Ella Fitzgerald, Roy Eldridge, Charlie Shavers, Buddy Rich, Oscar Peterson, Ray Brown e Flip Phillips.

Parker era tossicodipendente dall’eroina fin dall’adolescenza, e ciò gli causò svariati problemi anche nella professione: spesso mancava di presentarsi ai concerti o veniva licenziato perché si presentava strafatto. Per soddisfare la sua dipendenza, frequentava gli spacciatori di strada (ad uno dei quali dedicò anche una sua celebre canzone, «Moose the Mooche»), riceveva prestiti e donazioni da colleghi e ammiratori, impegnò il proprio sassofono varie volte, ed arrivò persino a mendicare per strada quando si trovava a corto di denaro e senza una scrittura. La situazione di Parker era quella tipica risultante dalle forti connessioni tra l’abuso di droga e la scena jazz dell’epoca.

Nonostante producesse ugualmente musica di gran valore in questo periodo, le sue cattive abitudini si fecero sempre piú frequenti a causa della droga. Spesso l’eroina era difficile da procurarsi, soprattutto quando si trasferì per un breve periodo in California dove la droga circolava di meno ai tempi rispetto che a New York e a causa di ciò iniziò a bere pesantemente per compensarne la mancanza.

Una celebre registrazione effettuata per la Dial Records il 29 luglio del 1946, fornisce evidenti dimostrazioni delle sue cattive condizioni di salute. Si racconta che per essere sicuri che tutto filasse per il verso giusto, il discografico Ross Russell a capo della Dial Records volle che in cabina di regia fosse presente anche uno psichiatra. Infatti Parker era in quel periodo soggetto a grossi sbalzi d’umore dovuti alle crisi d’astinenza e ai vari problemi di salute che lo affliggevano. Era spesso aggressivo, irascibile, quasi incapace di suonare, per poi di punto in bianco diventare cordiale, sereno ed un ottimo musicista. Quella sera Bird stava male, sudava copiosamente, era confuso e non riusciva a coordinare i movimenti. Venne registrata a fatica «Max is Making Wax», poi, dopo che il medico gli ebbe dato qualche pillola, Parker volle incidere un altro brano, «Lover Man». Cominciò cosí una delle piú celebri sedute di registrazione nella storia del Jazz.

Alla seduta assistette anche il giornalista di Billboard Elliott Grennard, che qualche mese dopo pubblicò sull’esperienza un racconto intitolato Sparrow’s Last Jump, pubblicato con successo sulla rivista Harper’s Magazine nel maggio 1947. Comunque Parker non era assolutamente soddisfatto della registrazione e anni dopo volle reincidere «Lover Man», in una versione tecnicamente perfetta, ma inferiore alla prima per pathos, lirismo ed intensità. Dopo aver inciso frettolosamente altri due brani, «The Gypsy» e «Bebop», la seduta ebbe fine. Uno stremato Parker venne riaccompagnato in albergo, ma poco dopo dette in escandescenze, piombò completamnete nudo e urlante nell’atrio dell’hotel e quando risalí in stanza cercò di appiccare il fuoco al letto della sua camera, prima di essere portato via dalla polizia e successivamente internato nel reparto psichiatrico della casa di cura “Camarillo State Mental Hospital”, ad un centinaio di chilometri da Los Angeles, dove restò ricoverato per sei mesi. La triste esperienza ispirerà a Bird la composizione del suo celebre brano «Relaxin' at Camarillo».

Uscito dal manicomio, inizialmente Parker restò sobrio e “pulito” dalle droghe, procedendo ad incidere alcune delle sue migliori registrazioni in carriera. Quando però lasciò la California per fare ritorno a New York, ricominciò a fare uso di droga continuando comunque a registrare dozzine di brani per le etichette discografiche Savoy e Dial che rimangono tra le cose migliori da lui prodotte. Molte di queste incisioni furono eseguite dal cosiddetto “quintetto classico” che comprendeva anche Miles Davis e Max Roach.

Nel 1950 incise a New York accompagnato da una grande orchestra d’archi. Fu l’unico successo finanziario di una certa entità che Parker conobbe nella sua vita. I fan di vecchia data e i cultori del bebop gli rinfacciarono di essere diventato “commerciale” e Bird ne rimase molto deluso. In realtà era da diverso tempo che Parker coltivava il sogno di incidere la sua musica in un contesto “piú classico” e anche se i risultati non furono altrettanto validi e storicamente rilevanti rispetto alle incisioni con Dizzy Gillespie degli anni ’40, queste sedute con gli archi avrebbero avuto un impatto enorme sul proseguimento della sua carriera.

Parker, con il suo sax alto, rimane impareggiabile per tecnica, fantasia, originalità. È un uomo brillante, colto (ama Bela Bartok, Arnold Schoenberg, Paul Hindemith e Igor Stravinskij), dotato di un naturale e mostruoso talento. Un solista formidabile, esuberante, capace di improvvisare a velocità fantastica, di inventare splendide melodie, di commuovere con il suo lirismo. Rappresenta per la comunità afro-americana del suo tempo il raggiungimento di una pari dignità con i bianchi.

Nel 1953, Parker si esibí alla Massey Hall di Toronto insieme a un super gruppo composto da Dizzy Gillespie, Charles Mingus, Bud Powell e Max Roach. Sfortunatamente il concerto coincise con la messa in onda in televisione di un match di boxe per il titolo mondiale dei pesi massimi fra Rocky Marciano e Jersey Joe Walcott e ciò causò uno scarso afflusso di pubblico. Il concerto venne però registrato da Charles Mingus e pubblicato su album con il titolo Jazz at Massey Hall, diventando ben presto un classico ed uno dei concerti jazz piú famosi in assoluto grazie all’incredibile cast dei musicisti impiegati. Per ragioni contrattuali, Parker poté partecipare al progetto solo sotto pseudonimo, venendo accreditato come Charlie Chan nelle note del disco (Chan era il cognome della sua ultima compagna).

L’eroina e i molti altri eccessi che avevano segnato tutta la sua vita lo uccisero mentre guardava la televisione ospite della nobildonna e mecenate del jazz Pannonica de Koenigswater. Il coroner (medico legale) che esaminò la salma non fu in grado di stabilire le cause della morte e stimò a cinquantatré anni l’età di Charlie Parker. Ne aveva solo trentaquattro. La diagnosi ufficiale alla fine fu polmonite.

Reputato uno dei padri fondatori del jazz moderno, Charlie Parker fu uno dei musicisti piú innovativi e influenti dell’intera storia del jazz. Dagli anni cinquanta ad oggi, il mondo della musica jazz (e non solo) si è trovato a dover fare i conti con l’influenza dell’opera di Parker. Molti musicisti trascrivevano e copiavano nota per nota i suoi assoli. Legioni di sassofonisti imitarono il suo stile e il suo modo di suonare. Come importanza, la figura di Parker è paragonabile forse solo a quella di Louis Armstrong: entrambi stabilirono quali erano i canoni definitivi dei loro strumenti per decenni interi, fecero compiere veri e propri balzi in avanti nella comprensione, nell’ideazione e nell'esecuzione musicale e ben pochi non si lasciarono influenzare dai loro stili. In particolare la figura carismatica di Charlie Parker contribuí enormemente alla fortuna del sassofono contralto, spingendo sempre piú appassionati verso questo strumento. La musica di Parker, considerata un tempo solo l’espressione artistica di una minoranza rivoluzionaria all’interno della comunità afroamericana, continua a oltre cinquant’anni dalla nascita a essere studiata e ad influenzare la musica americana.

Anche se Parker fu normalmente troppo incostante per dedicarsi veramente alla composizione (cosa di cui parlava spesso) molte sue composizioni sono diventate standard famosi, veri e propri inni della rivoluzione bebop. Fra i brani piú celebri composti da Parker si ricordano: «Ko Ko», «Ornithology», «Anthropology», «Yardbird Suite», «Moose the Mooche», «My Little Suede Shoes», «Billie's Bounce», «Blues for Alice», «Au Privave», «Quasimodo», «Bird of Paradise», «Chasin' the Bird», «Confirmation», «Now's the Time», «Scrapple from the Apple», «Relaxin' at Camarillo».

Era però piú che altro la necessità di avere nuovo materiale a disposizione in sala d’incisione che lo spingeva a comporre. Parker compose spesso nuove melodie su preesistenti progressioni armoniche e di frequente scriveva solo le otto battute iniziali dei brani, per poi affidare il resto all’improvvisazione. .

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