I Gufi | it

8    0

I Gufi sono un gruppo musicale italiano, dialettale milanese e cabarettistico, formatosi nel 1964 e scioltosi nel 1969, eccezion fatta per una breve reunion nel 1981.

Formazione
Roberto Brivio (Milano, 1938) - Chitarra e voce.
Gianni Magni (Milano, 1941 - Milano, 1992) - Voce.
Lino Patruno (Crotone, 1935) - Chitarra, banjo, tromba, voce.
Nanni Svampa (Milano, 28 febbraio 1938) - Chitarra e voce.

La storia

Il primo embrione del gruppo si forma nel 1964. Nanni Svampa ha appena inciso il suo primo disco, Nanni Svampa canta Brassens, ed ha iniziato a frequentare l'ambiente musicale milanese. Ha l'occasione di conoscere il jazzista Lino Patruno, diventandone amico ed iniziando a collaborare con lui. Tra i due s'iniza a discutere della possibilità di allestire spettacoli di cabaret concerto. L'idea prende forma definitiva in seguito all'incontro con Roberto Brivio e Gianni Magni: i quattro decidono di fondare il gruppo "I Gufi".

Gli esordi

Il primo album dei Gufi ha il marchio di fabbrica di Svampa: s'intitola infatti Milano canta (assumerà il numero 1 in seguito all'uscita di altri due album con lo stesso titolo). Nato e vissuto nei quartieri popolari di Milano, caratterizzati dai cortili, dalle case di ringhiera e da quell'intensa umanità che aveva fatto sì che si parlasse di Milan cont el coeur in man, Svampa aveva subìto il fascino della cultura popolare fino al punto da effettuare una scrupolosa ricerca filologica ed archivistica al fine di conservare e tramandare il patrimonio plurisecolare della canzone meneghina.

L'alchimia funziona bene: Nanni Svampa, detto il cantastorie, è il cantore della Milano dialettale che va scomparendo. Lino Patruno, il cantamusico, un jazzista di vaglia, tuttora attivo sui principali palcoscenici. Gianni Magni, l’unico prematuramente scomparso nel 1992, è detto il cantamimo: di famiglia circense, è un mimo capace di posture grottesche e di cantare con voce quasi bianca. Roberto Brivio, appassionato d’operetta è l’autore dei testi più originali del gruppo, che gli valgono il soprannome di cantamacabro.

A questo si aggiunga che l'ambiente culturale milanese del tempo è vivo e stimolante: negli stessi anni si muovono su quella scena altri artisti che affondano nella cultura popolare la loro stessa ragion d'essere: Dario Fo ed Enzo Jannacci, presto affiancati da Giorgio Gaber, tanto per citare i più famosi. Il loro luogo d'elezione è il Derby, luogo di ritrovo dei maggiori comici e artisti del capoluogo lombardo. Con l'andar del tempo e l'accrescersi della sua fama, il quartetto inizia a girare prima la Lombardia, poi l'Italia, portando una ventata di comicità surreale ed anticonvenzionale in un'Italia che, tacitati i morsi della fame, cominciava ad interrogarsi su se stessa, prestando orecchio agli stimoli provenienti dall'estero. In Francia ci sono Brassens, Brel, Vian, oltremanica è partita la swingin' London e, di là dall'oceano ci sono Bob Dylan e gli altri figli della contestazione studentesca.

Il successo

Il secondo album segue di pochi mesi il primo, e s'intitola I Gufi cantano due secoli di Resistenza. Per questo lavoro il gruppo attinge alle ricerche effettuate sino a quel momento da Svampa (per quanto riguarda la canzone milanese) e da Brivio (canti anarchici dell'Ottocento e canzoni della resistenza partigiana).

A mano a mano cresce anche il contributo degli altri: Lino Patruno conferisce un'atmosfera ed un arrangiamento freschi e frizzanti a brani spesso anche molto datati. Gianni Magni, con la sua mimica e i suoi occhi costantemente strabuzzati s'impone come il vero e proprio frontman del gruppo, ed è probabilmente lui a suggerire l'adozione della calzamaglia nera che, assieme alla bombetta sul capo, diventerà la divisa d'ordinanza e il marchio di fabbrica del gruppo.

I quattro si divertono, la formula funziona, gli spettacoli teatrali si moltiplicano: nel giro di pochi mesi escono in rapida successione: Il cabaret dei Gufi, Milano canta vol. 2, Il teatrino dei Gufi, vol. 1 e vol. 2. L'approdo in televisione è quasi scontato, ed avviene nel corso della stagione 1966-'67; vi sono appena sbarcati anche Fo, Gaber e Jannacci. Vista l'epoca è però consentito mostrare solo la parte più innocua ed edulcorata del caustico e satirico repertorio del gruppo.

Protetti dal dialetto, comunque, i quattro riescono a dire cose che in italiano sarebbero state cassate dalla rigida censura della Rai di Bernabei. Soprattutto, si permettono di portare sotto i riflettori alcune canzoni di Brassens, come La prima tôsa (La première fille), che narra non del romantico primo amore, come il titolo lascerebbe intendere, ma del primo rapporto sessuale vero e proprio, spesso consumato in maniera "mercenaria". Oppure fanno un embrione di satira politica, scimmiottando le canzoni tradizionali: tra le altre, ricordiamo Socialista che va a Roma, modellata sulla famosa ballata popolare Pellegrin che vien da Roma. La testimonianza di questo periodo è fissata nella raccolta Il teatrino dei Gufi in TV.

Finale

Con l'esplodere del Sessantotto e della protesta pacifista in Usa e in Francia, i Gufi portano a teatro il loro spettacolo più politico, che diventa presto un trentatré giri molto venduto: Non spingete, scappiamo anche noi. Lo spettacolo è un ironico, sarcastico viaggio nel corso dei secoli alla ricerca di miti patriottici e militari da abbattere: "Non spingete, scappiamo anche noi/ alla pelle teniam come voi./ Meglio esser vecchi e figli di boia/ che far gli eroi per casa Savoia [...]// E Pietro Micca è saltato in aria,/ per salvare la Fiat di Torino/ io invece sono all'Alfa ma non sono cretino /e i salti miei li faccio su un letto insieme a te. " (da: Non spingete, scappiamo anche noi). "Io sono un generale e me ne vanto,/ io sono un generale e son contento,/sono io che vi difendo/ nella guerra e nella pace/ da che cosa non lo so/ però però.// Ho un'allure che tanto piace stavo bene anche in orbace [...]" (da: Io sono un generale).

Nella stagione tra il 1968 e il '69, all'apice del loro successo, alcuni contrasti all'interno del gruppo portano allo scioglimento. In particolare è Gianni Magni, per sua stessa ammissione, a dire la parola "basta". "Non riesco a sopportare le persone che non hanno più niente da dirsi. Finché un gruppo riesce a fare l’alba, ridendo, divertendosi a creare, inventando, tutto va bene, se però non c’è più questo feeling, questo accordo, allora il gruppo non ha ragione di esistere. A un certo punto mi sembrava di far parte di quelle coppie che vanno al ristorante e mangiano in silenzio, facendo capire a tutti che la loro storia è finita"

Il gruppo si riunisce brevemente nel 1981, conducendo su Antenna 3 Lombardia la trasmissione Meglio Gufi che mai (40 puntate con la regia di Beppe Recchia), nella quale ripropongono il loro repertorio tradizionale di scenette surreali e canzone popolare. Si registra un buon successo, coronato persino da una partecipazione come ospiti al Festival di Sanremo con la canzone Pazzesco. Al termine della stagione televisiva però ciascuno dei membri sceglie definitivamente la propria strada, separata dal resto del gruppo.

Le canzoni dei Gufi, a distanza di anni, godono ancora di una certa fama e di un buon seguito tra gli appassionati: la Emi, che ne detiene i diritti, ha dato alle stampe nel 1997 due antologie intitolate Il cabaret dei Gufi (da non confondersi con gli omonimi album del primo periodo) e, nel 2004, ha ristampato praticamente tutto il catalogo, raccogliendo gli undici album originali in cinque CD denominati Gufologia. I tre Gufi superstiti hanno suonato e cantato ancora insieme in qualche occasione.
^ Cfr. Enrico Borgatti. "Milano ride e canta". Milano, 1985. .

Artisti simili